COVID-19, FEDERSPEV CONTRO LE LINEE GUIDA PER AMMISSIONE NELLE TERAPIE INTENSIVE. NEGATA AUTODETERMINAZIONE DEL PAZIENTE
da DoctorNews n.49 di mercoledì 24 febbraio 2021
Un sindacato di 18 mila sanitari - la Federspev, Federazione dei pensionati e vedove dei sanitari italiani - contro il piano pandemico del governo. L'associazione guidata da Michele Poerio ha diffidato il Ministro della Salute Roberto Speranza, insieme alla conferenza delle Regioni, alla società scientifica degli anestesisti rianimatori Siaarti, a quella dei medici legali Simla, alla Fnomceo: si deve modificare il Piano 2021-23 ed evitare in ogni altro atto o decreto eventuali riferimenti "a possibili selezioni di pazienti nell'erogazione di cure e trattamenti in tempo di pandemia o tempi non ordinari (...) non essendo ammissibile alcuna arbitraria selezione".
La diffida ha radici lontane: il 6 marzo 2020 nella prima ondata pandemica la Siaarti su sollecitazione degli iscritti, con le terapie intensive occupate e i troppi malati che premevano rispetto alle disponibilità, licenziò delle raccomandazioni in caso di insufficienza respiratoria acuta con necessità di ricovero in Terapia intensiva. A fronte di un aumento dei casi di tale entità da determinare un enorme squilibrio tra necessità e disponibilità di letti, si ammetteva che potesse "rendersi necessario un limite di età all'ingresso in Terapia intensiva riservando risorse che potrebbero essere scarsissime a chi ha in primis più probabilità di sopravvivenza e secondariamente a chi può avere più anni di vita salvata, in un'ottica di massimizzazione dei benefici per il maggior numero di persone". "In uno scenario di saturazione totale delle risorse intensive - aggiungeva la società guidata da Flavia Petrini - decidere di mantenere un criterio di "first come, first served" equivarrebbe comunque a scegliere di non curare gli eventuali pazienti successivi". In maggio si è costituito un gruppo di lavoro Siaarti-Ordini (Fnomceo) per aggiornare le indicazioni ma le cose non sarebbero migliorate. Ad esempio, al punto d si ribadisce che "nelle situazioni emergenziali il medico finalizza l'uso ottimale delle risorse evitando ogni discriminazione" salvo poi aggiungere 3 righe dopo che "in caso di persistente squilibrio tra necessitaÌ e risorse eÌ data la precedenza per l'accesso ai trattamenti intensivi a chi potraÌ da essi ottenere un concreto, accettabile e duraturo beneficio".
A tal fine entrano in scena criteri "rigorosi, espliciti, concorrenti e integrati, valutati caso per caso quali: gravitaÌ clinica, co- morbilitaÌ, stato funzionale pregresso, potenziali effetti collaterali, espressioni precedenti di volontaÌ personale, etaÌ biologica". Il documento è integrato da un confronto con la Società di Medicina legale-Simla che porta l'11 novembre 2020 a nuove indicazioni, dove si afferma che l'accesso alle cure, indipendentemente dalle risorse e dalla garanzia dell'appropriatezza clinica, deve fondarsi "sul ragionamento alla base del giudizio clinico, sulla proporzionalità e sulla adeguatezza delle cure secondo il Codice deontologico, in relazione al bilancio fra costi/benefici di ogni pratica clinica, commisurata agli esiti prevedibili di salute". Però se non ci sono letti, "è data precedenza per l'accesso ai trattamenti intensivi a chi potrà ottenere grazie ad essi un concreto, accettabile e duraturo beneficio". Nella bozza di piano pandemico, infine, in caso di letti insufficienti "i principi di etica possono consentire di trattare preferibilmente i pazienti con maggiori probabilità di trarne benefici". La diffida Federspev contesta che volontà ed autodeterminazione del paziente sarebbero sostanzialmente negate dalle scelte dei sanitari, con un paziente non informato, almeno non in modo sostanziale. Nelle successive versioni del piano pandemico la frase è sfumata e si richiama solo ogni sanitario a valutare in base ai criteri di "urgenza, gravosità, efficacia terapeutica" nel rispetto di etica e deontologia professionale rinviando al Parere del Comitato nazionale per la Bioetica ( "Covid-19: La decisione clinica in condizioni di carenza di risorse e il criterio del triage") e aggiungendo che "gli interventi si basano sulle evidenze scientifiche e sono proporzionati alle condizioni cliniche dei pazienti, dei quali è tutelata la dignità e riconosciuta l'autonomia".
Ma il pericolo non è scongiurato, come sottolinea il presidente Federspev Michele Poerio. «dal punto di vista clinico sono tutte parole che suonano vuote e fasulle, quasi come tecniche di medicina difensiva, sfido chiunque a dire come evolverà una malattia in un anziano. Si lavora su criteri vecchi che non si possono utilizzare per dire "questo va in terapia intensiva e questo alla terapia palliativa". Ci rendiamo conto dell'enormità di queste affermazioni contrarie ai principi di universalità, uguaglianza ed equità del servizio sanitario nazionale e le sentenze della Consulta 309/99, 252/2001, 354/2008 sull'accesso alle cure, non comprimibile da esigenze di finanza pubblica? Che gli stesori dei documenti di Siaarti e del Piano Pandemico abbiano attenuato i criteri significa che ammettono di aver sbagliato, e del resto nell'ultimo congresso mondiale di geriatria si è detto che oggettivamente il 75 enne di oggi equivale al 55 enne degli anni Ottanta sotto il profilo fisico e cognitivo. Ma anche fosse un poli-patologico, il giuramento di Ippocrate a noi medici dice di fare altro. Se non avremo chiare risposte nelle richieste da noi formulate adiremo i tribunali». Ma quando altro non si potesse fare perché non ci sono letti? «Si può sempre fare qualcosa prima di dettare criteri che ammettono uno ed escludono l'altro - dice Marco Perelli Ercolini, vice di Poerio - ad esempio ce la si può e deve prendere con chi non ti dà strumenti adeguati a salvaguardare la vita e mette te medico nei guai».