EMERGENZA COVID 19
L'intervento di Michele Poerio, segretario generale Confedir e presidente nazionale Federspev
Nella fase 2 dell’emergenza si ventila l’ipotesi discriminatoria nei confronti degli over 65-70enni secondo cui a questi soggetti (circa 14 milioni) verrebbe irrogata la pena (è la giusta definizione) degli arresti domiciliari fino a dicembre prossimo.
In Francia è stato proposto ufficialmente da un consulente scientifico del Presidente Macron tale Jean François Delfraissy. Saranno compresi anche i giovani con patologie gravi e gli obesi, ha aggiunto un ministro.
Da parte sua la Presidente della Commissione europea Ursula Von der Leyen in una intervista al quotidiano tedesco Bild non solo ha invitato gli italiani ad “aspettare a prenotare le ferie”, scatenando l’ira di Vittorio Sgarbi che l’ha definita “una totale depensante”, ma ha proposto anche di prolungare il lockdown degli anziani alla fine dell’anno. Francamente preferisco la Ursula Von der Leyen del 31 marzo quando ha dichiarato “l’Unione europea è fondata sui valori di libertà, di democrazia, di Stato di diritto e di rispetto dei diritti dell’uomo. Questi valori ci sono comuni. Noi dobbiamo rispettarli e difenderli anche in questi tempi
difficili”.
Ma come conciliare – gentile signora Ursula – questi valori con le sue dichiarazioni di cui sopra? Evidentemente è stata influenzata da Terenzio che a suo tempo scrisse “Senectus ipsa est morbus” (la vecchiaia stessa è una malattia). Ma a distanza di qualche migliaio di anni può essere ancora valida una tale affermazione?
Nell’ultimo Congresso nazionale di Geriatria e Gerontologia è stato sostenuto che un 75enne di oggi ha la forma fisica e cognitiva di un 55enne del 1980 e il 65enne ha la forma fisica e cognitiva del 40-45enne del 1980. I progressi della scienza nel corso del secolo appena passato e nei decenni del nuovo che stiamo vivendo, sono stati straordinari; per non parlare dei progressi compiuti dalla medicina che hanno del miracoloso.
Non vorrei che le numerosissime commissioni scientifiche (15!) consulenti del Governo con i loro altrettanti numerosi componenti (oltre 450! Addirittura una è costituita da 72 membri!) siano rimaste ancorate al XIX secolo! Questi signori dovrebbero sapere: 1) che gli anziani agli arresti domiciliari e quindi impossibilitati a fare moto vanno incontro ad un progressivo aumento del rischio cardiaco e vascolare con notevole crescita di infarti ed ictus e al peggioramento delle malattie metaboliche come ad esempio il diabete; 2) che la carenza di moto all’aperto determina una instabilità della deambulazione che frequentemente causa cadute e fratture di vario genere; 3) che la mancanza di contatti sociali determina un deterioramento dei processi cognitivi ed eventi depressivi; 4) che gli anziani anche ultrasettantenni svolgono importanti attività professionali (imprenditori, professionisti, artisti etc.) e familiari (accompagnare i nipoti a scuola e assisterli in attesa del rientro dei genitori, disbrigo di pratiche dei figli impegnati al lavoro etc.).
Pertanto il protrarsi per ancora lungo tempo della clausura degli anziani potrebbe determinare gravi conseguenze sociali ed economiche per l’intera comunità. Consentitemi, quindi, di ringraziare il Dott. Filippo Anelli, Presidente FNOMCeO, che ha dichiarato con altri illustri scienziati e giuristi che questo “approccio anagrafico è sbagliato e non risolutivo”. E il Prof Raffaele Antonelli Incalzi, Presidente della Società italiana di Gerontologia, a proposito degli over 70enni, afferma: “se sono in buona salute hanno un profilo di rischio inferiore a quello di un 50enne fumatore”.
L’ISTAT nel rapporto sulla popolazione italiana del 2019 indica che gli ultra 65enni sono circa 14 milioni di cui solo il 10% circa fragili e bisognosi di assistenza. Il restante 90% (in gran parte certamente con una o più malattie pregresse ma non malato) verrebbe sottratto alla vita civile con le gravi conseguenze socio economiche già citate.
L’ipotesi di prevedere una ripresa graduale per settori favorendo quelli produttivi, il commercio ed il turismo nel rispetto delle regole del distanziamento sociale,diagnosi di contagio e di immunizzazione, igiene delle mani ed adozione di dispositivi di protezione sono totalmente condivisibili per la tenuta economica del Paese. Allo stesso tempo le stesse norme devono essere adottate, con gradualità e sicurezza per la ripresa delle attività educative, culturali, di svago e per consentire la libertà di relazioni nei nuclei familiari, nelle micro comunità e nella società da tutti i componenti delle famiglie indipendentemente dall’età.
La responsabilità individuale deve essere strettamente collegata con quella sociale e realizzata da persone libere e consapevoli che i comportamenti individuali ed il rispetto delle norme condivise realizzano sicurezza per tutti ed equità. La limitazione temporanea del diritto alla libertà può essere introdotta ma deve essere compresa e giustificata da esigenze straordinarie e comuni a tutte le persone. La norma discriminatoria introdotta per arbitrio porta la persona ad avere sfiducia nell’equità dello Stato e alla disubbidienza.
Questa consapevolezza e senso civico ci può indurre ad espressioni di disobbedienza civile, quando le norme risultassero ingiuste ed inique, basterebbe mettersi tutti in marcia a distanza di due metri l’uno dall’altro e camminare in silenzio nelle nostre città per alcune ore ogni giorno, per i giorni necessari a recuperare rispetto, dignità, ruolo nella comunità e senso alla nostra identità.
Abbiamo illustrato brevemente alcune delle conseguenze sanitarie e sociali per il nostro Paese se si adottassero i suggerimenti franco-tedeschi (guarda caso…) relativamente alla reiterazione per i 65-70enni della quarantena fino a dicembre.
Consentitemi, ora, qualche considerazione sulla dubbia costituzionalità di alcune norme previste dallo “stato di emergenza” dichiarato dal Governo il 31 gennaio u.s. per sei mesi, in relazione al “rischio sanitario connesso all’insorgenza di patologie derivanti da agenti virali trasmissibili” ai sensi del Dlgs n°1 del gennaio 2018. Nel corso dei numerosi dibattiti televisivi e non solo, poco è stato approfondito il rapporto tra la normativa urgente derivata dal Covid-19 e la nostra Costituzione. E’ stato spesso affermato che il diritto alla salute è il primo assoluto diritto della persona e che gli altri diritti costituzionalmente previsti, anche la libertà personale, debbano praticamente sottostare ad essa. Non credo, però, sia semplicemente un caso se il primo diritto riconosciuto in Costituzione è quello della libertà personale (ex art.13) e della libera circolazione (ex art.16) mentre il diritto alla salute è previsto all’art.32.
Bisogna, pertanto, operare un bilanciamento tra libertà personale e diritto alla salute anche alla luce del principio di proporzionalità che costituisce un grande argine all’esercizio del potere pubblico sotto il triplice profilo dell’idoneità, della necessità e dell’urgenza. E la soluzione di una quarantena infinita non può essere ritenuta idonea ad evitare di realizzare il risultato prefissato che è quello di evitare la propagazione del virus, quando è oramai dimostrato che i contagi si verificano
essenzialmente negli ambienti chiusi, in famiglia e negli ospedali.
E’ ovvio che la salute sia un bene fondamentale da tutelare, ma non possono esistere “gerarchie” di valori costituzionali. In merito la Consulta è stata chiarissima con la famosa sentenza n°85/2013 sull’ILVA di Taranto sul conflitto tra il diritto alla salute e il diritto al lavoro. E’ pur vero che si tratta di provvedimenti temporanei che dovrebbero concludersi entro il 3 maggio, ma la eventuale proroga della quarantena per gli over 65-70enni fino a dicembre prossimo può essere considerata lecita? E se sarà ulteriormente reiterata? Hanno più volte affermato illustri costituzionalisti che la libertà personale mai possa essere derogata per motivi di salute creando una scala di valori tra questi due diritti. Ciò si può verificare in regimi totalitari (alla cinese) e non nel nostro ordinamento. Questi due diritti, pertanto, debbono essere sempre contemperati. Un altro principio da tenere presente e che emerge nei dibattiti è quello secondo cui ai medici spetterebbe l’ultima parola il che, da medico, mi inorgoglisce non poco.
Sono, però, profondamente convinto che l’ultima parola spetti alla politica e agli organi costituzionali a ciò preposti, dopo avere sentito attentamente i tecnici, contemperando le loro conclusioni con le esigenze del sistema paese. Purtroppo fino ad ora ciò non si è verificato e mi pare che i politici, e i politicanti soprattutto, si stiano scudando dietro la scienza.
Nei vari dibattiti spesso viene affermato che ci troviamo in un regime di guerra; non vorrei che lo “stato di emergenza”, peraltro non previsto dalla Costituzione, fosse confuso con lo “stato di guerra” previsto dalla Costituzione e che deve essere deliberato dal Parlamento e dichiarato dal Presidente della Repubblica. E questa considerazione si collega direttamente alla costituzionalità dei
provvedimenti assunti nello “stato di emergenza” che esclude una piena libertà per il Governo di adottare ogni misura anche in contrasto con i principi costituzionali relativi alla libertà individuale.
In verità la Costituzione prevede per ragioni sanitarie (ex art. 16) limiti, per breve tempo, alla circolazione delle persone e tutti gli altri divieti previsti dallo “stato di emergenza” (divieto di riunioni, chiusura dei cinema, teatri, delle attività commerciali, limitazioni alla libertà personale consentendo spostamenti solo per esigenze lavorative, per situazioni di necessità o motivi di
salute, oppure spostamenti da comune a comune etc.), ma se viene imposto un comportamento simile a quello degli arresti domiciliari, è chiaro che viene leso il diritto alla libertà personale che trattandosi di un diritto inalienabile può essere ridotto in ipotesi eccezionali previste dalla legge con riferimento a singoli comportamenti e solo a seguito di provvedimenti dell’autorità giudiziaria.
E’ di dubbia costituzionalità, quindi, il provvedimento che ha relegato a casa milioni di cittadini, senza neanche distinguere tra persone sane e malate. Ciò, comunque, non significa che il provvedimento non fosse giustificato da un’emergenza senza precedenti nella storia del dopoguerra del nostro Paese, ma non può portarci ad affermare che il provvedimento sia costituzionalmente legittimo.
A maggior ragione, però, sarà inaccettabile se questo provvedimento il 3 maggio sarà reiterato fino a dicembre prossimo solamente per gli over 65-70enni o peggio ancora fino alla realizzazione di un vaccino che presumibilmente non avverrà prima di uno-due anni. E’ indispensabile, quindi, a conclusione di questo drammatico momento la costituzionalizzazione dello “stato di emergenza” per dare maggiori garanzie ai cittadini stabilendo i poteri del Governo fissandone i limiti e precisando una corretta armonizzazione dei diritti fondamentali della persona.
Lo “stato di emergenza”, inoltre, dovrebbe essere dichiarato dal Parlamento anche per evitare che i vari provvedimenti siano emanati a colpi di Dpcm (Decreti Presidenza del Consiglio dei Ministri) che non debbono essere convertiti in legge diversamente dai Decreti legge e quindi non sono controllati, anche se a posteriori, dal Parlamento stesso come avviene oggi.
Pertanto qualora il Governo dovesse reiterare il 3 maggio la quarantena solo per gli anziani la FEDERSPeV e la CONFEDIR impugneranno il provvedimento in tutte le sedi giurisdizionali.
pubblicato il 26/04/2020