PENSIONI - GLI INCREMENTI ALL'ASPETTATIVA DI VITA
a cura di Marco Perelli Ercolini
L’innalzamento dell’età pensionabile è stato introdotto dalla legge 122/2010 di conversione del DL 78/2010, durante il governo Berlusconi e poi anticipato, a partire dal 1° gennaio 2013, dalla Legge di riforma Fornero.
Sino ad oggi, già due volte i requisiti pensionistici sono stati innalzati alla speranza di vita: nel 2013 tre mesi e nel 2016 di quattro mesi.
Nel 2019 l'adeguamento scatterà per una terza volta sulla base di un valore che sarà fissato ufficialmente a fine anno dall’Istat.
Poi avverrà ogni due anni (nel 2021, nel 2023 e così via).
Secondo le dichiarazioni di Giorgio Alleva (DG Istat), l'incremento del 2019 sarà molto pesante e precisamente di cinque mesi, portando l'età pensionabile di vecchiaia dagli attuali 66 anni e 7 mesi a 67 anni sia per gli uomini che per le donne, sia autonomi che dipendenti e 71 nel contributivo puro.
ETA’ PENSIONABILE e AUMENTI LEGATI ALLE SPERANZE DI VITA
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Tipo di prestazione
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Tipologia di lavoro |
2016 e 2017 |
2018 |
2019 dato previsionale |
Pensione di vecchiaia misto e contributivo puro |
Uomini e Donne Settore pubblico |
66 a e 7 m |
66 anni e 7 mesi |
67 anni |
Donne Settore privato |
65 a e 7 m |
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Donne autonome |
66 a e 1 m |
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Pensione anticipata misto e contributivo puro |
Lavoratori dip. e autonomi |
42 anni e 10 mesi |
43 anni e 3 mesi |
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Lavoratrici dip. e autonome |
41 anni e 10 mesi |
42 anni e 3 mesi |
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Pensione di vecchiaia solo contributivo (*) |
Lavoratori e Lavoratrici |
70 anni e 7 mesi |
71 anni |
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Pensione anticipata solo contribuitivo (**) |
Lavoratori e Lavoratrici |
63 anni e 7 mesi |
64 anni |
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(*) con almeno 5 anni di contributi effettivi (esclusi i contributi figurativi) (**) con almeno 20 anni di contributi effettivi (esclusi i contributi effettivi) e importo pensione pari a 2,8 l’importo dell’assegno sociale (cioè circa € 1.250 mensili)
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Ma … ecco delle domande. Dopo una certa età tutti i lavoratori sono in grado di affrontare con efficienza e sicurezza la realtà quotidiana lavorativa? Quanti lavoratori poi dopo una certa età sono acciaccati e con enormi difficoltà riescono a sollevare grossi carichi o ad affrontare per vista, tremori e altro la quotidianità lavorativa corrente?
Inoltre il datore di lavoro fino a quando terrà il vecchio lavoratore, il «matusa» che forte dell’esperienza lavorativa è però carente di forze o meno aperto al progresso, cioè terrà ancora il lavoratore più scarsamente produttivo, ma che costa di più? Non si apriranno poi grossi numeri di disoccupati in attesa di pensione? Sono state fatte le statistiche delle assenze o degli stop per i vari acciacchi di una età più avanzata secondo scaglioni di età e di attività? Uno Stato civile deve pensare seriamente a tutti i cittadini ed in particolare anche a quelli che si sono sacrificati durante tutta la vita lavorativa, pagando fior di tasse e contributi, tirando la carretta sperando in una effettiva serenità di vita nel post-lavorativo e di godere in tranquillità i pochi anni della vecchiaia.
Già ora con età massima lavorativa a 70 anni nel settore privato, quanti datori di lavoro hanno trattenuto in servizio il o i dipendenti sino a questa età?
Esiste poi anche il grosso problema lavorativo dei giovani … l’innalzamento dell’età pensionabile blocca gli esodi alla pensione e l’apertura a nuovi posti di lavoro per un certo numero di anni con quello che ne deriva: disoccupazione giovanile, tardo ingresso nel mondo del lavoro con danni previdenziali resi più acuti dal sistema contributivo e, non ultimo, mancanza di nuova linfa alle Casse previdenziali. I contributi così detti giovani, nel sistema a ripartizione, sono di notevole supporto: debito futuro di pensione, ma nell’attualità utili al pagamento delle pensioni in atto … il tutto proiettato anche nel futuro nel patto intergenerazionale.
Pubblicato il 26/08/2017